Pubblicato su politicadomani Num 88 - Febraio 2009

Grandi problemi e strategie piccinine
Comune di Marano: essere o mal essere?

La situazione politica di confusione all’interno del consiglio comunale, oltre che gravemente pregiudiziale per il futuro della città, è anche il sintomo di una decadenza della politica generalizzata in tutto il Paese, dove la panacea di tutti i problemi è saltare sul carro del vincitore

di Maria Mezzina e Carmela Maria Orlando

Saremo già usciti e in distribuzione a Marano quando nel Consiglio Comunale sarà discussa una mozione di sfiducia nei confronti del Sindaco Salvatore Perrotta. L’appuntamento è per sabato 7 febbraio. L’assise si riunirà per mettere ai voti la mozione, sottoscritta da 14 consiglieri di opposizione su 16. Dall’altra parte ci sono i 14 consiglieri rappresentanti delle forze politiche di maggioranza (Partito Democratico, Centro Democratico e Rifondazione Comunista) e il sindaco. Anche se la votazione sulla mozione non si trasformerà nella caduta dell’amministrazione, la cosa certa è che il sindaco, al terzo anno del suo mandato, si trova ancora una volta a fronteggiare una crisi.
La mozione di sfiducia, che è stata protocollata in municipio il 12 dicembre scorso, è la prova lampante di come riesca a sgretolarsi un’amministrazione nata con una netta prevalenza numerica che le ha permesso di opporsi, finora efficacemente, allo scempio programmato della nostra città. Durante l’ultimo mese sono stati ben nove i consiglieri che, eletti nei partiti di maggioranza, sono approdati dall’altra parte. Fra questi, tre consiglieri eletti nell’ex Udeur e quattro consiglieri che si sono distaccati dal gruppo centrista Centro Democratico, nato a sua volta come costola del Partito Democratico locale. Un’altra prova, se ce ne fosse ancora bisogno, di quanto labili siano i confini fra maggioranza e opposizione quando in gioco ci sono interessi (elettorali in primis) altri da quelli per il bene della città.
La mozione di sfiducia è stata così motivata dai consiglieri che l’hanno sottoscritta: un atto dovuto alla città a causa di una macchina amministrativa lenta e inconcludente che, per le continue beghe politiche, tira a campare. Un po’ come sparare contro la propria immagine riflessa in uno specchio.
Fra alti e bassi negli ultimi mesi, infatti, da quando più violento è diventato l’accanimento, l’amministrazione non riesce a tirare un sospiro di sollievo, e sembra doversi occupare solo di fronteggiare le crisi innescate dalle varie parti politiche che chiedono rimpasti, azzeramenti e improbabili, se non impossibili, atti pratici. Come quello della raccolta differenziata, che è rimasta bloccata finora da pastoie burocratiche efficacemente inventate in alto loco.
Con questo nuovo assetto il sindaco si è detto pronto a voltare pagina, dicendo basta alle guerre per le poltrone e si è dichiarato ormai svincolato dagli schieramenti di partito per superare l’empasse e continuare a lavorare per la città. Del resto, una maggioranza più contenuta dovrebbe essere più facile da gestire. Difficile tenere in piedi tutti gli equilibri, ma se ciò accadrà i numeri a disposizione, sebbene siano pochi, potrebbero essere sufficienti per portare avanti la vita amministrativa della città. Stando bene attento a non creare malcontenti e fratture interne, Salvatore Perrotta, potrebbe dare inizio a un vero piano programmatico nel quale al primo posto, superate finalmente le difficoltà create contro la città, ci sono l’avvio della raccolta differenziata, la viabilità e il riassetto urbano. Se non si faranno passi in avanti, anche i suoi fedelissimi potrebbero abbandonarlo.

Ma cosa succederebbe se l’amministrazione dovesse cadere a seguito della mozione di sfiducia?
Dopo un breve periodo di commissariamento, all’inizio di giugno si ritornerebbe a votare.
Se, invece, la mozione fosse respinta, la fiducia nell’amministrazione si riproporrebbe con il voto sul bilancio di metà anno. Cadendo l’amministrazione sul bilancio il commissariamento durerebbe fino alla primavera del 2010, e la città sarebbe gestita solo con prassi burocratica. Vale a dire: niente azioni di recupero ambientale e urbanistico, niente progetti di sviluppo economico e di tutela dei cittadini, niente interventi per la cultura e la formazione, niente più ricerca di tutti gli strumenti improntati alla logica della ragione e giuridicamente fondati, messi in campo a livello nazionale e internazionale per evitare l’apertura della discarica.
Vero è che, con le imminenti elezioni provinciali che inevitabilmente influenzeranno i comportamenti e le decisioni dei nostri amministratori la situazione politica maranese è destinata ad ingarbugliarsi sempre di più.
È nelle mani di questa amministrazione la responsabilità di continuare una partita difficilissima, oppure di abbandonare il campo. Chiunque, nel gioco della alternanza fra destra e sinistra, fra maggioranza e opposizione (una distinzione ormai solo nominale, visto il travaso di forze) dovesse essere investito della responsabilità di amministrare la città non troverebbe una situazione più favorevole. E intanto si sarebbe perduto tempo prezioso, e alcune situazioni di vitale importanza per la città, come quella della discarica, sarebbero irrimediabilmente avviate a soluzione, certamente contro il volere dell’intera cittadinanza. Ma forse è proprio questo che si auspica ben più in alto dei nostri consiglieri - nessuno dei quali, ne siamo certi, onestamente vuole che questo accada - e ben più in alto delle segreterie di partito qui sul territorio. Tanto in alto che “a loro non importa nulla della Campania e dei Campani”, dice il Prof. Franco Ortolani, accusando senza reticenze chi ha pensato e continua a pensare di portare avanti il progetto criminale della discarica nella Selva. Né, probabilmente, è disposto a dare alcun credito all’appello dell’attuale sindaco sulla inutilità di una discarica in presenza di una raccolta differenziata capillare e ben organizzata, visto che proprio questa è stata finora praticamente impedita con strategie che sembrano essere state pensate ad arte.
Ma decidere di continuare a tirare il pesante fardello è difficile, e sarebbe davvero decisione da “liberi e forti”, come diceva Don Sturzo nel suo celebre appello di cui ricorre quest’anno il 90° anniversario.
Diverse finora, purtroppo, sono le dinamiche, i giochi furbeschi da “partitino” di questa politica piccola piccola. Sono dinamiche che proviamo ad illustrare per il cittadino comune.
Il gruppo dei sette consiglieri del Centro Democratico, attualmente in maggioranza, di orientamento centrista e vicino ai demitiani, potrebbe scegliere di togliere la spina oppure continuare. Se l’Udc, come preannunciato, dovesse correre insieme al Pdl per le provinciali, come è probabile, il destino di questa maggioranza, già così risicata, sarebbe segnato. È molto probabile quindi che, consci di questo precario equilibrio e del fatto che la sinistra, che da oltre quindici anni è alla guida di Marano, avendo deluso nelle sue aspettative i cittadini che l’hanno votata e non avendo da proporre alcun volto nuovo, possa verosimilmente perdere le elezioni (una sinistra che peraltro in Campania ha fallito tutti gli appuntamenti più importanti), i consiglieri che solo da poco sono approdati nei banchi dell’opposizione, con la decisione di lasciare la maggioranza potrebbero avere voluto indicare che, a meno di una svolta radicale, sono pronti ad un cambiamento storico del colore della amministrazione.
Con la raccolta differenziata (uno dei motivi di attrito fuori e dentro la maggioranza), che può iniziare solo da gennaio, e con solo l’avvio di altri progetti, a lungo ostacolati prima dal problema discarica che ha bloccato la programmazione, e poi dalla continua maretta in sede amministrativa e consiliare, basta un pizzico di buon senso per capire che, ritornando a votare a giugno, non ci sarebbe il tempo di mandare segnali effettivi di cambiamento da parte della sinistra locale.
Né esiste, ad oggi, un volto nuovo da rilanciare per il governo della città, né a destra, né a sinistra. Consegnare le chiavi della città a qualche candidato della destra significa ripartire da zero: una prospettiva solo apparentemente positiva perché è viziata dal pericolo della acquiescenza totale al “patron” del Pdl che a livello nazionale ha ampiamente dimostrato in quale considerazione tiene la città, con la sua decisione di trasformarla in discarica.
Né è detto che il cambiamento di colore e di bandiera si risolva in una pacificazione all’interno del consiglio comunale. A meno di non volere trasformare la pacificazione in un ossequio al potere: una situazione inaccettabile in tempi, a tutt’oggi, di democrazia e con una cittadinanza che, sebbene delusa, sebbene sfiduciata, non è poi così pronta a cedere sui propri diritti fondamentali. Non ancora.
Ciò che occorre veramente alla città e al Paese è una classe politica completamente nuova, oppure un cambiamento radicale di comportamento volto a perseguire il bene della città più che i propri interessi personali, o gli ordini di scuderia di segreterie di partito che ben poco hanno a cuore i problemi del territorio, impegnate come sono a sopravvivere.
In questa altalena di cambio di posizioni e di maglie non ci sono né vinti né vincitori, ma solo egoistici tentativi di non incassare sconfitte, perdendo di vista che, in questo modo, è la città intera ad essere sconfitta.

 

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